Una tranquilla uscita con brividi di paura

Non so mai quando sono libera, io e mio marito abbiamo orari completamente differenti, lui da studio medico, io da media Azienda Brianzola dove si comincia alle 7 la mattina in modo che alla necessità, la produzione possa avere il margine di finire il più tardi possibile.

Non succede mai, ieri sera è arrivato a casa alle 6, invece delle 7,15 abbondanti.

Alle 6,15 ero già in direzione Carugo.
Non ho orari questo fa di me una Biker Inaffidabilis o Biker Carpe Diem, dipende da che lato mi si guardi.

Da casa al Cimitero di Carugo, dove parte il percorso che arriva a Montorfano ci sono poco più di 6 chilometri poco mossi, ma le coperture artigliate Michelin te li fanno sembrare in salita, sempre. Ci sarà un motivo per cui vengono chiamate così, perchè si artigliano al suolo fermando il rotolamento, lo facessero quando serve nel fango, in discesa sulla terra e invece no, lo fanno sull’asfalto, in discesa, in salita non parliamone, sembrano spingerti indietro.

“All Terrain” c’è scritto in bianco sulle coperture, io ci avrei scritto: “Imparate a rotolare meglio, dappertutto e soprattutto in silenzio”. Dimenticavo, sul bitume sembra di stare sopra un camion tale è il rumore che fanno.

Vabbè, per accorciare la strada ho bruciato qualche senso unico e sono arrivata al Cimitero, bel posto per iniziare un giro.

Non ho il GPS, costerebbe di più della mia attuale DueRuote, ho solo tre foto dal satellite di tre punti critici nella boscaglia, vado a memoria, vado così a memoria che sbaglio subito visto che entro nella corte di una cascina ed un anziano contadino mi dice di tornare indietro scendere un sentiero e poi risalire la valle.

Logicamente ha ragione lui.

Risalgo la valletta, un bel percorso, traballante, pulito, un piccolo guado, delle risorgive, due pozze quasi asciutte ed un po’ di fango con impronte di equini, uno slalom tra delle cacche di cavallo, cani che latrano (maledetti speriamo siano legati), finisce la valletta ed inizia la ben più lunga Val Sorda, non si capisce bene il perchè di questo nome e non mi dilungo sul perchè del suo nome.

-Sorda, ma perchè?- penso mentre la risalgo.

Pedala, pedala che a casa hai due figlie ed un marito che aspettano.

Brucio la Val Sorda, passo sopra la ferrovia, la costeggio ed arrivo ad un passaggio a livello. Teoricamente dovrei proseguire dritto, ma il sentiero è occupato da una ruspa che sta rimediando ai danni delle piogge che sono cadute incessanti negli ultimi due mesi.

Che fare?

Decisione lampo in meno di un secondo, faccio sempre così, a casa mi aspettano.

Faccio un paio di chilometri o tre su asfalto e poi mi reimmetto nel percorso di ritorno per controllare se è così veramente “impaltato” (tipico slang dei bambini Brianzoli) come dicono sul Forum.

Pedalando su una statale trafficata arrivo a Fecchio, ma di cartelli non ce ne sono. “Esco” la prima foto, il posto è questo, l’entrata del sentiero per Carugo c’è, ma non vorrei sbagliarmi.

Bevo.

Rifiato.

Passano quattro ciclisti in BDC e me ne sto zitta, che ne sanno loro di fango, in lontananza sulla statale arriva un biker di bianco vestito su una MTB, è lanciato in discesa.

-Scusa è questo il sentiro per Carugo?

-Siiiii sempreeeee dirittooooo o  o   o    o     o.

-Vaffanculooooo o  o   o    o     o fermati brutto stronzo,- penso tra me e mi infilo nella boscaglia.

Una piccola premessa sulla morfologia di questi luoghi attraversati dal percorso pubblicato sul sito.

Il percorso in gran parte segue la direzione Sud-Nord, la conformazione del terreno è formata da dei costoni che hanno direzione Sud-Nord, perciò se si pedala in quel senso si va bene perchè: o si è sopra un costone o si è a valle, in ogni caso si tratta di falsopiani pedalabili velocemente.

Dicevo ….. mi infilo nella boscaglia in direzione Nord-Sud. La boscaglia è costituita da castani, forse, ma non posso assicurare visto che ho guardato ben poco verso l’alto tranne che per pregare, ma questa cosa arriva dopo. Il terreno sopra il quale crescono gli alberi e dove è scavato il sentiero è argilloso, a differenza del tratto che avevo fatto prima, argilloso vuol dire che tutta l’acqua che è caduta ultimamente è ancora dentro in queste belle pozzanghere marrone-rossiccio. Pozzanghere? Laghi, forse esagero, stagni, piscine per cinghiali.

-Sempre diritto!- aveva detto il biker di bianco vestito.

-Sempre diritto tua sorella!- gli risponderei adesso.

Aggiro la Piscina del Cinghiale 1 sulla sinistra e cerco il sentiero.

Eccolo!

Venti metri ed arriva la Piscina del Cinghiale 2 e la accerchio sempre a sinistra. Questa piscinetta è molto più lunga, più stretta e dai tratti serpentiformi.

Maledizione, la c’è il sentiero ed io sono in un dedalo di micro-sentierini alternativi. Fatto sta che arriva pure la Piscina del Cinghiale 3 che mi indirizza ancor più verso sinistra dove trovo una bella pista pedalabile.

Spettacolo! Vuol dire che erano solo queste le pozze incriminate.

In lontananza, in cima ad un costone vedo un cartello, piccolo, giallo, triangolare. Vuoi vedere che questo è la pista giusta.

Pedala, pedala arrivo al cartello che dice pressapoco così: “METANODOTTO SNAM”. Considerazione: “E’ proprio vero che oggi il gas adesso arriva dappertutto!”

Le soluzioni sono due:

1- torno indietro e mi affogo alla variante delle Piscine?     

2- Proseguo lungo il metanodotto, che prima o poi mi porterà nella cucina di qualcuno?    

Proseguire, mai voltarsi indietro.

Guardo un’altra foto mentre delle zanzare-passero, non vorrei esagerare dicendo zanzare-tigre, banchettano sul mio braccio destro

Non sono riuscita ad incocciare la ferrovia ed ora mi trovo parallela alla ferrovia, distanza 300 metri circa, ma senza sentieri per arrivarci, direzione Est, Sole alle spalle.

Vacca ladra, sono nel triangolo della Morte tra Alzano, Brenna, Cantù e Carugo (ma non era un triangolo?) ci sono più sentieri che zanzare, non capisco come faccia Pixel (Biker Radunensis) ad orientarsi di notte nei tour che organizza con le torce.  
Tutti i rumori ed i respiri del Mondo mi stanno addosso, sono le 7,30, me lo dicono delle campane che suonano in lontananza.

-Dio Santo sei riuscita a vivere un’avventura alla John J. Rambo in una delle zone piu’ urbanizzate del fottuto pianeta Terra!- mi dirà un amico qualche giorno dopo.

Urbanizzata ‘sta minchia! In quel quadrante non ci sono strade, e quelli che incontri sembrano usciti dal film “Un tranquillo weekend di paura”, sentivo suonare anche il banjo in lontananza e già vedevo materializzarsi davanti Freddy Kruger e Jason di Venerdì 13 seduti ad un tavolo che aspettavano il tipo con il piumino ed il collo sbranato di “Lupo mannaro Americano a Londra” per giocare a briscola. Se fai il tutto da Sud a Nord non c’è problema, se lo fai da Est a Ovest e viceversa è un casino. Io lìho fatto da Ovest a Est! Ci sono dei costoni impercorribili, in discesa devi scendere e poi è tutta terra argillosa, specialmente sul lato OVEST, per quello che le pozze d’acqua non si riassorbono mai e poi ci sono degli incroci tra zanzare e coccodrilli e poi quelle fosse non si sa nemmeno quanto siano profonde e non voglio nemmeno saperlo. Pensavo che se mi fosse successo qualcosa, col piffero che mi avrebbero trovata prima del giorno dopo.

Cautela, cautela, cautela.

Le discese sono impercorribili stando seduti, anche perché appena finita la discesa, un metro dopo comincia la salita ed è fisicamente impossibile stare in sella in una compressione del genere, perciò a piedi e con cautela.
Dieci minuti dopo dal sentiero vedo il primo segnale di civiltà: una rete metallica.

Evviva non sono sola su questo Pianeta!

Il sentiero divenuto man mano sempre più invisibile si dirige verso la recinzione, la seguo sempre verso sinistra, oltre la rete c’è un cancello elettrico con telecamere.

-Caspita però, anche in Cambogia hanno i cancelli con le telecamere!- ero ormai entrata nel personaggio di Rambo.

Asfalto da una parte e dall’altra del cancello, ancora cinquanta metri ed un altro cancello.

-Caspita, un doppio cancello che funziona quasi da decanter , si apre il primo, entri, si chiude il primo, aspetti, si apre il secondo e vai a destinazione. Ma chi ci sarà mai nella casa oltre il cancello?       

(“La curiosità è femmina!” Il luogo comune qui non viene sfatato).

“Ma chi ci sarà mai nella casa oltre il cancello?”

Potrebbe essere il titolo di un film Horror-Splatter, ma c’è ancora il Sole e perciò sono salva, solitamente le Belve escono con l’oscurità, ma è meglio non fidarsi dei films.

Seguo la rete ancora per un centinaio di metri e poi ritrovo sull’asfalto, logicamente fuori dal disimpegno dei due cancelli, viva e senza sapere dove piffero mi trovo.     

Pedala, pedala, dopo cento metri la ferrovia sbuca dal terreno, poco più avanti, dall’altra parte della strada ferrata, la ruspa.

Sono salva.

Bevo.

Telefono a casa.

-Tra mezz’ora arrivo!   

-Dove sei?    

-Boh, pressapoco tra Brenna ed Alzate. 

-Complimenti, ti aspetto.  

-Mi fermo ai rulli prima di arrivare a casa, sono infangata come una cinghiale!

-Fai pure con calma, ciao.  

-Ciao.                 

Mezz’ora di odiato bitume, una passata con la schiuma e la lancia e di corsa a casa.

Le campane suonano le 8.30, dopo un quarto d’ora avevo già le gambe sotto al tavolo, dopo una doccia tiepida.  

-Come è andata stasera?

-Bene hai rischiato di diventare vedovo!