[Mtb Report] Emozioni dal Monte Bianco

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[Mtb Report] Emozioni dal Monte Bianco

Vorrei metter nero su…Bianco (ha ha, che funambolo del calambour) poche righe relative all’esperienza vissuta con il Tour in Mountain Bike, ma so sin da subito che saranno particolarmente confusionarie: mi si arruffano i pensieri come ricci al vento.

Vuoi fare questo tour?

E poi, più che pensieri sono emozioni, talmente forti che paiono indescrivibili: può essere che ci siano persone totalmente tetragone a questo tipo di sentimento, ma i bikers non rientrano di sicuro nella categoria. Chi ama il contatto quanto più diretto possibile con la natura, chi ha il buon gusto per le cose semplici, e per la vita vera, fatta di relazioni umane, non può non sbalordirsi per quanto quest’avventura sia un magnifico concentrato di tutto ciò.

sole

 

Arrivo, in compagnia di un amico che – unico tra tutti quelli che si erano detti entusiasti della mia idea (a parole! ecco la prima vera scrematura) – ha deciso, pur appassionatosi davvero da poco alla mtb, di condividere con me quest’esperienza, e durante il viaggio ci confessiamo le nostre reciproche paure di non essere all’.. altezza (come mi piacciono questi giochini di parole!) dell’impresa alla quale ci stavamo approcciando. In più: un paio di settimane prima della partenza, su di un sentiero domestico, fatto mille volte, a seguito di un “cappottone” mi procuro una microfrattura dello scafoide dx, che mi impedisce di rifinire a dovere l’allenamento in vista del tour: pazienza, giro alla larga dal’ortopedico (che vorrebbe ingessarmi) e mi dibatto tra tutore, voltaren, argilla, arnica e oki!

A seguire cena con gli altri due (fino ad allora sconosciuti) partecipanti, dei quali avevo letto le gesta sul web, e mi incutevano profonda soggezione: niente di più sbagliato! Dopo poche battute aleggiava già uno spirito di gruppo che sarebbe stato il miglior compagno di viaggio per tutti. Io ed i due Davide (ancora per poco, perché presto sarebbero diventati Orzo – diminutivo di Orzowei – ed “il Guru”, per via della sua infinita scienza applicata – e come! – alla mtb) fraternizziamo immediatamente, in attesa della temutissima (per via dei suoi trascorsi, vedi 24h di Finale e sellaronda hero, solo per citarne un paio) Elisabetta, l’altra nostra compagna di viaggio. Arriva, si presenta con un sorriso disarmante, unito ad un nobilissimo atteggiamento understatement: zak! Tutti conquistati! Bene: vado a dormire contento di aver conosciuto la truppa.

view2

La mattina sveglia presto, e presentazioni con “la guida”: Gianfranco ha davvero il dono di infondere serenità; non escludo che in un’altra vita possa essere stato uno sciamano di qualche antico popolo! Dopo colazione (non in albergo perché lunedì è il giorno di chiusura!!!) e caricati i bagagli sullo shuttle (anche quello, ragazzi, è una fonte incommensurabile di sicurezza: sai perfettamente che – se non ce la dovessi fare – c’è un bel van pronto a scarrozzarti fino alla tappa successiva) si parte!!! Mi sento un leone, e godo della bellezza del maestoso panorama, fino a che – a sorpresa – la nostra guida profferisce le seguenti alate parole: “alla vostra destra, Sua Maestà il Monte Bianco“!

yeah

Tuffo al cuore: è davvero imponente! Ti ci devi un po’ abituare ad averlo sopra la testa. Pedaliamo alacremente tutta la val Veny (mitica la sosta-panino al laghetto glaciale, con l’acqua di quel celeste torbido che vedi solo lì) fino al col de la Seigne, con temperatura perfetta per l’mtb: non troppo caldo, poca umidità e leggera brezza: cosa si può volere di più?

Adesso inizia la nostra prima vera discesa, e siamo tutti un po’ gasati: pronti via “cappotto” subito un paio (!) di volte; mi rilasso (su prezioso consiglio di Eli), prendo fiato, e poi me la godo come fosse una giostra del luna park!!!

trail

Arriviamo a Les Chapieux, e già si stagliano chiarissime le personali inclinazioni di ognuno: mentre il Guru smonta e rimonta cambi, mozzi, ruote e deragliatori con la stessa nonchalance con la quale io rimetterei a posto un tappino di una bic, mi dirigo senza indugi al baracchino vendita prodotti locali, ove acquisto una bella fettina (sarà circa mezzo chilo) di gruyere. Dopo un paio di birrette (solo io ed Orzo, gli altri son morigerati) ripartiamo per la nostra destinazione giornaliera: il lago di Roselend. Non appena avvistato ci guardiamo tra noi quasi increduli per la bellezza del posto (io anche felice di aver portato a termine senza danni la prima giornata)!

L’albergo (dove ritroviamo i nostri bagagli, che avevamo lasciato nello shuttle la mattina) è una piccolissima costruzione proprio sul lago, e non è bello: ma il bello è che non ha prorpio bisogno d’esser bello, chè tanto è già tutto così bello lì intorno. Mangiamo tutti di buon appetito (e te credo, dopo esser stati in bici tutto il giorno) e dopo una migrazione collettiva verso l’agognato “campo” (non di patate, dove prende il telefonino), rassicurati i propri cari (sto bene, sì, il tempo è bello, no, non sono stanco, eh sì domani ancora in bici, certo, son cinque giorni, no, non sarà troppo, nessuno mi obbliga, lo so, ok buonanotte, grazie! c@zzo ..), torniamo nelle nostre camere, ove poco dopo cado in una sorta di catalessi, che mi abbandonerà solo la mattina dopo. E via, dopo abbondante colazione si riparte: oggi, ci dice Gianfranco un po’ ilare, forse curioso di vedere la reazione che avrebbe suscitato in noi, ci sono tre (!) colli da superare!!! Beh, penso tra me, vorrà dire che ci saranno altrettante belle discese.

lago

Alla fine del primo, col sur Frètes, ci fermiamo un attimo a guardare l’ultimo scorcio di lago con annessa diga, ma soprattutto il numero infinito di tornanti che abbiamo superato per arrivare fin lì. che spettacolo! Oggi è la tappa più impervia, probabilmente, visto che durante il tragitto non incontriamo praticamente nessuno; sul col de la Gitte, mentre spingo la bike, mi sorprendo a pensare che sì, è davvero bello anche spingere, se il panorama circostante è questo! Dopo il solito su e giù arriviamo finalmente al col du Joly, che vuol dire per oggi basta salite, ma soprattutto Chez Gaston, dove io, la guida ed il Guru (Orzo non mangia formaggio, non proprio il massimo per un giro tra la Val d’Aosta, la Savoia ed il Vallese) ci scofaniamo una tartilflette veramente da paura.

Noto che il mitico Guru di indole è parco (era partito con l’idea di un’insalata o qualcosa del genere), però si lascia facilmente corrompere. Elisabetta in tutto ciò (da vera Mula, anche se trapiantata a Milano) è semplicemente perfetta: anche se – ad occhio – “paga” almeno 20 kg al più leggero di noi maschietti, non perde mai un colpo di pedale, né in salita né in discesa: sempre sorridente sprizza energia da tutti i pori, grande! Dopo l’ennesima bellissima discesa (non posso raccontarle nei dettagli, ci metterei troppo), arriviamo a Les Contamines, ed alloggiamo in alberghetto carinissimo, dove tutti sono particolarmente gentili (una signora ci accoglie con la canna dell’acqua in mano, per lavare le bici!), c’è la connessione wi-fi, e a cena serata afro!!! Eh, sì perché il cuoco è senegalese, e quindi si sbizzarrisce: insalata di mango, pollo al curry ed altre prelibatezze tutt’altro che locali!

team

La mattina dopo si riparte: belli carichi di zuccheri aggrediamo il col de Voza, poi – quasi in parata – entriamo trionfanti in Chamonix, della quale mi stupisce il brulicare di persone a mezzogiorno di un giorno feriale: qui son bravi a coccolare i turisti. Dopo lunga sosta rigenerante, via fino a Tour, e da lì impianti fino al col de Balme: in cima tirava un vento che ti spostava con tutta la bicicletta! Passaggio nel rifugio per un cran cafè noir (il rifugio avrebbe bisogno di una bella rinfrescatina, e forse anche di gestori nuovi), poi giù a capofitto, schivando a più riprese un plotone di boys scout francesi: a metà della discesa Gianfranco (mi piace pensare vista l’elevata qualità tecnica del gruppo) opta per un sentiero alternativo, molto tecnico. Risultato: va bè, il Guru ha le stesse capacità tecniche di Brumotti, anche se in confronto a quest’ultimo il nostro Guru è molto più elegante di tratto e di modi, e dunque potrebbe scendere anche dalle torri Petronas in Malesia, Orzo non ha paura di niente, anzi mi sa che è il pericolo ad aver paura di lui, io .. quasi metà me la faccio con la bici in spalla! Gianfranco, mi hai sovrastimato!!!

view

Eccoci arrivati in Svizzera, a Trient: paesino molto bucolico, con una chiesetta rosa che sembrava fatta di glassa e pan di zucchero.. ehm, a proposito di cibo: la sera in albergo servono una raclette il cui odore ci ha impregnato gli indumenti credo per sempre!!!

Mattina presto, via di nuovo on the trail (come mi piace questo senso del viaggio, questo svegliarsi ogni giorno in un posto nuovo, questo ammirare paesaggi sconosciuti fino ad un attimo prima): oggi tappa dura, con il col de la Forclaz che incombe, ma ormai in tutti si è diffusa una sicurezza nei propri mezzi che traspare da ogni singolo movimento del pedale, da ogni discorso, da ogni apprezzamento.. abbiamo acquisito quella consapevolezza che ci consentirebbe – non lo dico certo per fare lo sbruffone – di continuare per almeno un’altra settimana agli stessi ritmi!

crew

Tra i pochi tratti d’asfalto percorsi in tutto il tour, quello di oggi è il più fastidioso, perché un paio di km vanno percorsi su di una superstrada, ma la nostra guida, con una divagazione con sosta per rifocillarsi tra cespugli di ottimi lamponi, riesce a fare diventare gradevole pure quello! Dopo l’ennesimo single track mozzafiato, la sera arriviamo in albergo, e a cena siamo tutti tristi: è l’ultima notte che passeremo insieme in questa meravigliosa vacanza. Partono subito i progetti per il futuro: con un’osservazione molto acuta, Eli ci fa notare che è proprio durante le vacanze che si programmano le vacanze successive; il Guru si offre di farci da guida per la Via del Sale (che probabilmente conosce come il giardino di casa sua), e parte un’ovazione con entusiastiche ed unanimi adesioni; Gianfranco ci dice che ha partecipato alla Transardinia (tour simile per organizzazione al nostro) e noi ci ripromettiamo di partecipare in blocco l’anno prossimo. E così esorcizziamo la malinconia!

best

Il mattino successivo, lasciando La Fouly, per la prima volta (fortunatamente) ci rendiamo conto che siamo in montagna, e che dobbiamo fare i conti con condizioni meteo non proprio da spiaggia adriatica. Salita dura, con tappa in una malga attrezzatissima, con tendoni dotati di fieno e cuscini per il riposo dei viandanti, pioggia battente, temperatura intorno ai 4°, freddo becco alle mani, mi maledico pensando che avevo nello zaino i guanti pesanti e non li ho portati con me, ma fa niente: arriviamo in cima al passo del col Ferret, e cominciamo, con prudenza, visto il fondo sdrucciolevole, la discesa che ci porterà al Rifugio Elena. Italia! Cosa fa il provincialotto non appena torna a calpestare il suolo natìo? Eccomi! Ordino subito un bel caffè espresso!!!!!!! Mmh, che bontà! Poi ancora giù, sentieri e sentierini, sosta al ristorante (ma quanto abbiam mangiato durante ‘sto giro?) e finalmente (finalmente??? Purtroppo, c@zz) arriviamo a Courma: quando vedo sulla sinistra spuntare il ghiaione da cui, solo cinque giorni prima, eravamo partiti, mi sento una persona in qualche modo (non so quale) diversa.

maestà

Per concludere, ripeto qui le poche parole che avevo scritto a caldo, appena risalito sulla macchina che mi avrebbe riportato a casa: Fatta. Chiuso il giro del Bianco in mtb.

Grazie, nell’ordine:

– a Dio, che ci ha regalato cinque (va bè, quattro e mezzo) giorni di tempo splendido;

– alla guida, che con estremo savoir fare, ci ha accompagnato attraverso colli e valli con panorami maestosi;

– ai veramente ottimi compagni di viaggio, con i quali si è creato un affiatamento immediato;

– alla SCOTT, che ha progettato e costruito una bici eccezionale.

A chiunque è interessato: andateci, fugate ogni dubbio, e andateci. Presto, il prima possibile!!!!

Enrico

stelle alpine

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