Bardolino Bike, la mia prima gara in mtb

Bardolino Bike, la mia prima gara in mtb

In questo primo anno di pratica ho fatto tanti bei giri durante i quali ho affrontato le mie paure in salita ed in discesa; mi sono allenata costantemente e ho cercato di mettere in pratica la tecnica, così in più di qualche occasione si è realizzata la magia di liberare la mente insieme al respiro. Ho sempre pensato e non ho cambiato idea che questo sia l’obiettivo dello sport amatoriale outdoor, diventare respiro, in un tutt’uno con la natura circostante.

Perché allora mettersi adesso in questo contesto agonistico che è apparentemente molto lontano dal mio modo di vivere la bicicletta?

La risposta credo sia la curiosità.

Desidero conoscere meglio lo sport che pratico e vedere a che prestazioni arrivano i campioni ma soprattutto desidero farmi letteralmente trascinare al mio limite, che raggiunto, progressivamente si sposterà rendendomi accessibili esperienze ancora più emozionanti in giro per le montagne.

Ho scelto questa gara perché mi ha portata in un territorio che ho frequentato assiduamente in passato, il lago di Garda è quanto di più familiare esista per me, e volendo fare un’esperienza nuova, cominciare da casa mi sembrava rassicurante.

Nonostante queste premesse i giorni prima dell’evento ho provato una fastidiosa ansia che mi ha rovinato il sonno e mi ha fatto dubitare delle mie motivazioni. Alla base preoccupazioni che si palesano spesso anche senza gara e mi negativizzano l’esistenza facilmente, motivo in più per cercare capirle e superarle una volta per tutte con un po’ di pragmatismo e leggerezza.

Primo fra tutti i dilemmi “come mi vesto in una gara di mtb”?

(Gli uomini a questo punto avranno già abbandonato la pagina buttando a lato il cellulare in pieno avvilimento. Rimaniamo noi donne, meglio).

Ho vinto il senso di inadeguatezza estetico/funzionale con maglietta e pantaloni corti larghi più uno spolverino in tasca insieme a camera d’aria, tool-kit e pompetta. Ci ha pensato il meteo ad aiutarmi insomma… perché in riva al lago, una giornata di sole praticamente primaverile esclude la possibilità di aver freddo. In caso di brutto tempo avrei potuto aggiungere dell’underwear termico, fine delle opzioni angoscianti.

Aver indossato pantaloni larghi da “All Mountain” nuovi mi ha fatto sentire casual, comoda ed informale come piace a me ma se ci aggiungiamo il total-black (come se andassi ad un cocktail o una serata di gala) e il pantalone largo hanno avuto il solo effetto di farmi sembrare più “Cicloturista Scarsa” di quello sono. MI devo rassegnare in una Granfondo andava meglio la braghetta attillata e la maglia colorata!

Secondo arrovellamento, se cado e mi faccio male perché non so gestire il gruppo che pressa in discesa?

Partire ultima è stata una bella mossa, casuale ad essere sinceri, ma che riproporrei in un contesto in cui il livello così elevato (gara aperta a soli agonisti) rende il gap con il 90% dei concorrenti incolmabile. In questo modo non sono mai stata nel gruppo e ho fatto la mia gara superando poche persone e godendomi i single trail nel bosco, i ruscelli e il fango tutta sola come Cappuccetto Rosso.

Terzo incubo, sei certa di esserti allenata abbastanza ed in modo corretto?

(Quello che gli uomini avrebbero voluto al primo)

Il quad che chiudeva la gara effettivamente mi ha massacrato il sistema nervoso per 5km ma poi ho preso le distanze e nel proseguo ho dato tutto quello che avevo.

Durante la gara sapevo di non aver poltrito, di allenamenti non potevo proprio farne di più! E di poter contare su un buon lavoro pregresso. Rispetto a questo avevo anche approfondito con un personal trainer la possibilità di sviluppare un programma dettagliato per massimizzare gli sforzi, era un passaggio che mi sentivo di dover fare. Poi considerando il mio obiettivo i costi si sono rivelati un po’ sproporzionati e non ho proseguito ma secondo me è giusto valutare anche questo per star bene in un evento che ci mette alla prova.

Quando mi sono sentita stanca ho chiesto e che km fossimo certa di aver quasi finito, la realtà era che eravamo a metà scarsa… L’ho presa con spirito ma ho capito che uno strumento, anche semplice, che mi dia dei riferimenti sul tracciato e le difficoltà da affrontare e anche un cardiofrequenzimetro sono molto utili, se non necessari.

Gli ultimi 10km mi sono divertita, ho preso coscienza che il tracciato si stava sviluppando in un contesto paesaggistico che adoro e molti sentieri, così nascosti, non li avrei mai percorsi altrimenti

Inoltre ho incontrato con un simpatico concorrente che bonariamente si è prestato a giocare a “tirarmi” in pianura, a fare due chiacchere e scherzare un po’. Secondo me siamo andati più veloci che in tutto il tratto precedente ma che dire, in gara ho avuto solo sensazioni empiriche!

Di reale ci sono stati degli accenni di crampi ai quadricipiti al termine di una delle ultime rampette, un bicchiere di coca cola al punto ristoro che segnato la svolta in positivo del mio umore, le facce dei volontari lungo il percorso rassegnati ad un pranzo domenicale ormai freddo e l’arrivo più divertente che si sia mai visto e sentito nell’ambito di una competizione aperta a soli agonisti nella quale mi sono imbucata con una sfacciataggine imbarazzante (vedi documento fotografico).

Stima infinita e ringraziamenti sentiti vanno gli organizzatori di queste competizioni ciclistiche

che senza di loro non ci sarebbe niente da festeggiare, grazie perché la passione di tutti che ha contagiato anche i sassi del lungolago da vita ad un movimento di “sempre giovani” e sani cittadini.

E grazie agli atleti che con le loro performance ci fanno capire dove porta la determinazione.

Per chi non può fare a meno dei numeri, ci ho messo 2h e 50minuti, per 41Km e 1.000mt di dislivello.

La prima ragazza ha chiuso in 1h e 42’ e come il vincitore tra gli uomini, con 1h e 29’, è un atleta a livello internazionale. Le donne erano solo 67 contro più di 1099 uomini, sarà stato anche il tipo di manifestazione ma è una differenza abissale che io dal mio punto di vista non riesco a giustificare.